Perché scegliamo tessuti a fine vita e perché fanno la DIFFERENZA

Perché scegliamo tessuti a fine vita e perché fanno la DIFFERENZA

🇮🇹 / Oggi voglio raccontarvi una storia.

Anni fa, ero ad un bar in via Lecco a Milano, con alcune amiche. Tra loro c’era anche una mia amica vegana, vegana per l’ambiente. Io sono sempre stata molto sensibile al tema degli animali e pensavo che, se mai fossi riuscita a fare una scelta simile, l’avrei fatta per loro. Capivo le sue ragioni, ma solo fino a un certo punto. Tutto sommato ero consapevole che non avrei mai potuto rinunciare del tutto ad alcune passioni: la carbonara e il prosciutto crudo per esempio!

Quel giorno, sul nostro tagliere, era rimasta una fetta di prosciutto cotto. Nessuno la toccava: non era tagliata molto bene, era spessa, non invitante. Sicuramente, pensavo, lei non l’avrebbe mangiata. Ed invece, con una naturalezza incredibile, la aveva arrotola su se stessa fino a farla sembrare un fiore rosa e se la era messa in bocca sorridendomi.

Ero scioccata! Aveva appena infranto una sua regola fondamentale. E con una certa fierezza…. davanti a tutti. Per un attimo l’ho persino invidiata. Se fossi stata io, l’avrei fatto nascosta sotto il letto. Ma poi, spinta da una certa inquietudine — e forse anche dal bisogno di dare voce ad un dubbio condiviso — le ho chiesto cosa stesse facendo.

Mi ha guardato e con semplicità ha detto: «Sono vegana per l’ambiente. Quella fetta è già lì. Se nessuna di voi, che mangiate carne, la vuole, finirà buttata. Quindi sarà stata prodotta inquinando per poi essere buttata. A questo punto tanto vale che la mangi io. Ovvio che ho una morale, lo faccio per questo. Ma ovvio anche che mi piace, tanto ormai esiste. Almeno evito il danno e la beffa.»

Aveva senso. E anche se non ho del tutto cambiato idea, ho iniziato a vedere le cose da un’altra prospettiva.

Due anni dopo, finito un turno al bar dove lavoravo all’epoca, sono rimasta a bere una birra con i miei colleghi. Una mia amica — questa volta vegetariana — ordinò un panino con le verdure. Prima che lo addentasse, io, come una bambina indiscreta che chiede ad una coppia di sessantenni se si amano ancora, le chiesi perché fosse vegetariana ma non vegana. Le dissi: “Hai fatto 30, perché non fai 31?”

Anche lei mi diede un’ottima risposta. Mi disse che lo faceva per gli animali, e che per lei la differenza tra uccisione e sfruttamento era chiara. Se davvero avesse voluto evitare ogni forma di sfruttamento, avrebbe dovuto smettere di comprare abiti prodotti in certe condizioni, non frequentare determinati luoghi, rivedere ogni singolo gesto. “Dovrei trasferirmi da sola su una montagna” disse sorridendo.

E lì ho capito: non si può avere tutto. Ma si può fare la propria parte, con criterio. L'importante è essere trasparenti, onesti e consapevoli dei propri limiti, ma agire comunque.

L’economia circolare è composta da molti passaggi: il design pensato per durare, la scelta dei materiali, la produzione responsabile, il nuovo utilizzo, il riciclo e il recupero. Ogni anello della catena è fondamentale. E anche agire su uno solo di questi può fare la differenza.

Il 90% dei tessuti che utilizziamo proviene da negozi che cercano di dare una seconda vita a materiali che altrimenti sarebbero finiti buttati o smaltiti in modo non corretto. Scarti, fine stock, tagli dimenticati. Per noi non sono scarti: sono risorse. È da lì che nasce tutto.

La nostra scelta di lavorare con tessuti a fine vita è concreta. Non è marketing. È un modo reale e tangibile di ridurre l’impatto ambientale. E non significa che ogni capo sia fatto con materiali “perfetti”. A volte c'è del poliestere. A volte sono tessuti tecnici. Ma se già esistono, se stanno per finire in discarica, allora usarli con intelligenza è la scelta sostenibile.

Essere sostenibili oggi non significa essere perfetti. Significa essere coerenti, critici, trasparenti. Significa trovare il proprio modo per contribuire, senza calpestare i propri principi, ma cercando ogni giorno di farli crescere insieme al progetto.

Siamo un brand piccolo, nato da poco. Ma la nostra missione è chiara: fare il massimo con ciò che abbiamo, ridurre gli sprechi dove possiamo e costruire valore proprio dove sembra non esserci più.

Perché ogni volta che scegliamo un tessuto dimenticato, ogni volta che lo trasformiamo in un capo nuovo, ogni volta che decidiamo di non sprecare, stiamo già facendo la differenza.

Torna al blog

Lascia un commento